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anno festivo bergamasco
CAPO D'ANNO EPIFANIA (6 GENNAIO) I RE MAGI E PASQUETTA Questo nome è dal nostro popolo alterato in Epifanèa, Epofanèa, Pofanèa, Epifania e Pifania. Queste diverse forme ci sono attestate dai seguenti proverbi: A l'Epifania, ol frec ismania, e con variante Pasqua; Pifania ol frec al se smania; A Pasqueta un ureta; l'Epifania tote i feste la mèna vèa; Dopo l'Epofanèa toc i dè i va in alegrèa. E dai Toscani viene ridotto a Befana, che, come tutti sanno, significa eziandio donna brutta. Epifania invece si spiega con le voci greche etti sopra e apparisco; infatti questa solennità fu istituita per rammemorare l'apparizione della stella simbolo d'un destino migliore dell'umanita che dall'Oriente guidò alle stalle di Betlemme i Re Magi Gasparo, Melchiorre e Baldassarre che offrirono al neonato Redentore oro, incenso e mirra. Anticamente all'Epifania precedeva una vigilia di rigoroso digiuno; ora la vigilia è giorno di gioia per ragazzi, che in alcuni luoghi della Provincia mettono fuori dalla finestra le scarpe, perchè i Re Magi, passando con quei loro cavalli che si fanno alti alti e piccini piccini, le riempiono di dolci e di frutti. L'ultimo dei proverbi sopra riportati dichiara all'Epifania tutti i giorni vanno in allegria. Alla mezzanotte però della vigilia bisogna essere tutti coricati, perchè a quell'ora parlano le vacche e ad udirle ci sarebbe da morir di paura: Nella Quadra di Verdello dicesi che alla vigilia della Epifania conviene coricarsipresto 1° perchè vegliando si ammuffisce; 2° perchè i cavrèc (i folletti) fanno dei brutti scherzi; 3° perchè alla mezzanotte parlano le bestie. Bisogna però che qualcuno abbia vegliato ed ascoltato i discorsi delle bestie, poichè se ne riferiscono i seguenti:Lea so te Belì, che leerò so a mè Falcu Am toera so la prèda e'm casserà zo 'l padru. S. CRISTOFORO (7 GENNAIO) Cristoforo fu un cananeo di gran statura e terribile a vedersi. Egli non avrebbe voluto servire qualunque fosse soggetto esso medesimo ad un padrone; ed allorchè udi che il suo signore aveva paura del diavolo, lo abbandonò e andossene a far da servo al diavolo. Un giorno, passando una croce, osservò che il suo nuovo padrone avea paura della croce, e apprendendo esservi uno più potente del diavolo, lo abbandonò e volle porsi al servizio di Cristo. Fu istrutto da un vecchio eremita, ma essendo inabile al digiuno ed alla preghiera, fli fu detto di servire Cristo traghettando i viaggiatori per un profondo fiume. Lo che fece, sino a che un dì fu per tre volte chiamato, e alla terza vide un fanciullo che desiderava di essere portato a traverso il fiume. Lo prese sopra le spalle, ma il peso del fanciullo era tanto grave che a gran fatica potè passarlo all'altra riva: Allorquando lo ebbe traghettato, il fanciullo gli disse che avea trasportato Cristo istesso, in prova di che, il bastone da lui adoperato per molti anni, posto entro la terra, crebbe albero. Tutta la leggenda di S. Cristoforo surse dal suo nome. che significa colui che porta Cristo. Quel nome s'intese in un senso spirituale, come appunto S.Ignazio presel nome di Theophorus colui che porta Dio, cioè nel propio cuore. Ma, come nel caso di S.Ignazio, il popolo che martirizzò S.Cristifoto, allorchè gli trasse il cuore, narrasi che vi trovasse miracolosamnte il nome di Cristo; e così il nome di Cristoforo dà luogo alla citata leggenda. IL GIORNO 13 DI GENNAIO Era permesso ai trombettieri di andar vagando per la città vestiti da donna. I suonatori pasteggiavano insieme, suonavano, ma ognuno dovea suonare lo strumento d'un suo compagno e non il proprio. S.MAURO, ABATE BENEDETTINO (15 GENNAIO) Questa festa, che ora passa quasi inosservata, era importante prima della soppressione dei conventi benedettini, che fra noi erano parecchi. In città esistono tuttora i monasteri di S. Grata e di S. Benedetto; nel contado erano principali quelli di Pontida e di S. Paolo d'Argon. In questo giorno i monaci ministravano la benedizione di S.Mauro, la quale giovava a molte infermità e specialmente alla sciatica; dispensavanno anche olio e coralli benedetti, che servivano di talismano contro le stregherie. Si festeggia tuttora e gli si fa pbbligazione di candele per ottenere da lui in concambio la liberazione da dolori. S. SEBASTIANO (20 GENNAIO) Secondo un nostro proverbio S.Sebastiano viene colla viola in mano, in segno che la stagione si fa più mite. Per questo santo si fa funzione nella sua chiesuola di Borgo Canale, in S.Maria Maggiore, si canta il Te Deum in Duomo e si fa una processione votiva per la liberazione dalla peste nell'anno 1571. S.PAOLO COVERSO (25 GENNAIO) Un vecchio della V. Bremb. infer. mi diceva che per sapere se l'anno sarà più o meno piovoso bisogna, alla vigilia della conversione di S.Paolo, tagliare una cipolla in quarti e farne dodici scodellini, i quali rappresentano i mesi dell'anno, avvertendo che il primo scodellino rappresenta Febbraio. Si pone in ciascuno una presa di sale e dal dileguare in parte minore o maggiore si pronostica se il tempo sarà più o meno piovoso nei diversi mesi. IL GIORNO 2 DI FEBBRAIO Questo giorno in cui si festeggia la Purificazione di M.V., è da noi chiamato al dè de la Madòna di candele, de la seriola ed anche La Madona Candelora; dai Toscani è detto du della Candelaia o candelora, dagli Spagnuoli La Candelaria, daui Francesi La Chandeleur, dai Tedeschi Lichtmess, dagli inglesi Candlemass. LA MEZZA QUARESIMA A mezza quaresima as ranga la egia, si sega la vecchia, cioè si segava, poichè ora della antica usanza non ci resta che il dettato. La vecchia era un fantoccio che, come dice la frase, si sarà realmente segata. Nelle Marche era pure l'uso di segar la vecchia che si riempiva di ghiottonerie. S.MARCO (25 APRILE) San Marc l'è ù gran sant, diciamo quasi sempre quando vogliamo esprimere che conviene soggiacere e sopportare qualche cosa benchè contro voglia, ed è evidente l'accenno al Governo di S.Marco, cioè della repubblica veneta, di cui conserviamo tuttodi vivissima memoria. Nel dì della festa di questo santo molte brigate muovono dalla città dai paesi circonvicini per recarsi sul monte della Maresana dove sorge una chiesuola a lui dedicata; vi si passa allegramente la mattina facendo colazione seduti sull'erba; è una delle più liete scampagnate primaverili. A Vertova si continua a tenere nello stesso giorno una larva di fiera, a Miragolo nella V.Brembana inferiore si festeggia il santo in una chiesa quivi eretta in suo onore; ad onorarne il nome fu pure chiamato Ca di S.Marco uno dei più noti valichi tra la Valle Brembana e la Valle Tellina, frequentatissimo prima che si costruisse la strada da Lecco a Colico. Come questo ricorda pure Venezia l'altro passo detto di Salmurano, ed ambedue servivano di passaggio per recarsi nella Rezia e nella Germania. La maggior parte degli oratori a lui dedicati furono costruiti nei primi anni della volontaria dedizione alla Repubblica, com'è attestato da autentici documenti. A rendere tanto popolare il nome di questo santo deve avere certamente contribuito la dominazione veneta, che durò fra noi per più di tre secoli e mezzo; ma non vi rimase, io credo, estranea l'arte del governo. Nel giorno del patrono della Repubblica si benedivano le biade in campagna. |
PASQUA DI RESURREZIONE (Usanze e credenze raccolte nella provincia di Bergamo)
Natale e Pasqua di Resurrezione occupano il primo posto tra le nostre feste, e nè tempi andati con esse primeggiava quella di S.Giov.Battista.
E' notevole che Natale cade nel solstizio d'inverno e S.Giov.Battista nel solstizio d'estate; è pure notevole che si all'uno che all'altro si
accompagnano usi di gioia e che in occasione di tali feste si fanno esperimenti per aver lieti pronostici, si cercano rimedi contro mali
presenti e futuri. Pare che questa coincidenza dia ragione a quei dotti, che vi scorgono indizi del culto verso l'astro solare e già or
son due secoli il nostro P.Donato Calvi, frate che visse in tempi di mille pregiudizi e fu superstizioso egli stesso, parlando dell'uso
di raccogliere la rugiada della notte di S.Giovanni come rimedio contro la scabbia, lo dice più fondato nella natura che nella superstizione,
poichè, trovandosi in questo giorno il sole nell'auge della sua perfezione, riparte alle erbe migliorivirtù, quindi anche la ruguiada riesce
più benefica e salutifera.
Nacque a Forlì nel 1265 dalla famiglia Laziosi, che era delle principali della città. Pellegrino ebbe una giovinezza piuttosto scapestrata.
Essendo stato spedito dal Papa il Generale de serviti Filippo Benizzi a predicare ai Forlivesi l'ubbidienza, fu cacciato fuori dalle mura da cento
giovani, tra i quali era Pellegrino. Pentito poi, ebbe alcune visioni celesti che lo decisero ad abbandonare la famiglia e gli agi della vita per
recarsi a Siena nel convento dei Servi di Maria dove ne vestì l'abito. A trent,anni fu dai Superiori rimandato alla sua Città. Quivi gli si apri tale
piaga in una gamba, che ne rese necessario l'amputazione. La notte precedente al taglio, mentre i suoi confratelli dormivano, si trascinò davanti
ad un muro del convento, sul quale era dipinto un Crocifisso. Nel fervore dell'orazione si addormentò ed in sogno vide Cristo staccarsi dalla croce,
venire a toccargli la gamba e risanargliela. Questo prodigio è rappresentato su fogli e medaglie, che si distribuiscono o si vendono nel dì della festa.
Visse ottant'anni e mori nell'anno 1345 in concetto di santo. Fu beatificato l'anno 1609 e da Benedetto XIII santificato nel 1726.
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