Sei alla pagina - Usi/anno_festivo.html, nella sezione - Proverbi bergamaschi-

Torna alla home page Menu di Matematica. Menu della grafica frattale. Menu dei proverbi bergamaschi.

anno festivo bergamasco

coper_anno_fest.jpg

CAPO D'ANNO


Non si trasportava niuna cosa fuori di casa per darla ad imprestito; nella notte precedente al capo d'anno si faceva cuocere il pane, ed era di lieto presagio di riuscire ben lievitato. Presso noi dura ancora l'ubbia di trarre buono o cattivo augurio per la nuova annata dalla prima persona che si incontra al primo uscir di casa nel giorno di capo d'anno. L'incontro di un prete o di un medico è giudicato di cattivo augurio; l'incontro di un giovane è augurio di lunga vita, l'incontro di un vecchio è segno di corta vita. Nella montagba pistoiese si abbada al primo incontro che si fa nel giorno di S.Caterina, che perciò è chiamato dalle dorti. Se le ragazze incontrano un uomo nel primo, è indizio che trovano marito; ma se incontrano una donna, allora restano in casa ta te (pote ége) o si fanno mopnache. E' pure riguardata di cattivo augurio la nostra ombra che ci rappresenti con due teste. merita particolare considerazione l'uso, che si ha nella Quadra di Verdello, di fare a capo d'anno un minestra in cui si mette un pò di tutti grani mangerecci.



EPIFANIA (6 GENNAIO) I RE MAGI E PASQUETTA

Questo nome è dal nostro popolo alterato in Epifanèa, Epofanèa, Pofanèa, Epifania e Pifania. Queste diverse forme ci sono attestate dai seguenti proverbi: A l'Epifania, ol frec ismania, e con variante Pasqua;

Pifania ol frec al se smania; A Pasqueta un ureta; l'Epifania tote i feste la mèna vèa; Dopo l'Epofanèa toc i dè i va in alegrèa.

E dai Toscani viene ridotto a Befana, che, come tutti sanno, significa eziandio donna brutta. Epifania invece si spiega con le voci greche etti sopra e apparisco; infatti questa solennità fu istituita per rammemorare l'apparizione della stella simbolo d'un destino migliore dell'umanita che dall'Oriente guidò alle stalle di Betlemme i Re Magi Gasparo, Melchiorre e Baldassarre che offrirono al neonato Redentore oro, incenso e mirra. Anticamente all'Epifania precedeva una vigilia di rigoroso digiuno; ora la vigilia è giorno di gioia per ragazzi, che in alcuni luoghi della Provincia mettono fuori dalla finestra le scarpe, perchè i Re Magi, passando con quei loro cavalli che si fanno alti alti e piccini piccini, le riempiono di dolci e di frutti. L'ultimo dei proverbi sopra riportati dichiara all'Epifania tutti i giorni vanno in allegria. Alla mezzanotte però della vigilia bisogna essere tutti coricati, perchè a quell'ora parlano le vacche e ad udirle ci sarebbe da morir di paura: Nella Quadra di Verdello dicesi che alla vigilia della Epifania conviene coricarsipresto 1° perchè vegliando si ammuffisce; 2° perchè i cavrèc (i folletti) fanno dei brutti scherzi; 3° perchè alla mezzanotte parlano le bestie. Bisogna però che qualcuno abbia vegliato ed ascoltato i discorsi delle bestie, poichè se ne riferiscono i seguenti:Lea so te Belì, che leerò so a mè Falcu Am toera so la prèda e'm casserà zo 'l padru.



S. CRISTOFORO (7 GENNAIO)

Cristoforo fu un cananeo di gran statura e terribile a vedersi. Egli non avrebbe voluto servire qualunque fosse soggetto esso medesimo ad un padrone; ed allorchè udi che il suo signore aveva paura del diavolo, lo abbandonò e andossene a far da servo al diavolo. Un giorno, passando una croce, osservò che il suo nuovo padrone avea paura della croce, e apprendendo esservi uno più potente del diavolo, lo abbandonò e volle porsi al servizio di Cristo. Fu istrutto da un vecchio eremita, ma essendo inabile al digiuno ed alla preghiera, fli fu detto di servire Cristo traghettando i viaggiatori per un profondo fiume. Lo che fece, sino a che un dì fu per tre volte chiamato, e alla terza vide un fanciullo che desiderava di essere portato a traverso il fiume. Lo prese sopra le spalle, ma il peso del fanciullo era tanto grave che a gran fatica potè passarlo all'altra riva: Allorquando lo ebbe traghettato, il fanciullo gli disse che avea trasportato Cristo istesso, in prova di che, il bastone da lui adoperato per molti anni, posto entro la terra, crebbe albero. Tutta la leggenda di S. Cristoforo surse dal suo nome. che significa colui che porta Cristo. Quel nome s'intese in un senso spirituale, come appunto S.Ignazio presel nome di Theophorus colui che porta Dio, cioè nel propio cuore. Ma, come nel caso di S.Ignazio, il popolo che martirizzò S.Cristifoto, allorchè gli trasse il cuore, narrasi che vi trovasse miracolosamnte il nome di Cristo; e così il nome di Cristoforo dà luogo alla citata leggenda.



IL GIORNO 13 DI GENNAIO

Era permesso ai trombettieri di andar vagando per la città vestiti da donna. I suonatori pasteggiavano insieme, suonavano, ma ognuno dovea suonare lo strumento d'un suo compagno e non il proprio.



S.MAURO, ABATE BENEDETTINO (15 GENNAIO)

Questa festa, che ora passa quasi inosservata, era importante prima della soppressione dei conventi benedettini, che fra noi erano parecchi. In città esistono tuttora i monasteri di S. Grata e di S. Benedetto; nel contado erano principali quelli di Pontida e di S. Paolo d'Argon. In questo giorno i monaci ministravano la benedizione di S.Mauro, la quale giovava a molte infermità e specialmente alla sciatica; dispensavanno anche olio e coralli benedetti, che servivano di talismano contro le stregherie. Si festeggia tuttora e gli si fa pbbligazione di candele per ottenere da lui in concambio la liberazione da dolori.



S. SEBASTIANO (20 GENNAIO)

Secondo un nostro proverbio S.Sebastiano viene colla viola in mano, in segno che la stagione si fa più mite. Per questo santo si fa funzione nella sua chiesuola di Borgo Canale, in S.Maria Maggiore, si canta il Te Deum in Duomo e si fa una processione votiva per la liberazione dalla peste nell'anno 1571.



S.PAOLO COVERSO (25 GENNAIO)

Un vecchio della V. Bremb. infer. mi diceva che per sapere se l'anno sarà più o meno piovoso bisogna, alla vigilia della conversione di S.Paolo, tagliare una cipolla in quarti e farne dodici scodellini, i quali rappresentano i mesi dell'anno, avvertendo che il primo scodellino rappresenta Febbraio. Si pone in ciascuno una presa di sale e dal dileguare in parte minore o maggiore si pronostica se il tempo sarà più o meno piovoso nei diversi mesi.



IL GIORNO 2 DI FEBBRAIO

Questo giorno in cui si festeggia la Purificazione di M.V., è da noi chiamato al dè de la Madòna di candele, de la seriola ed anche La Madona Candelora; dai Toscani è detto du della Candelaia o candelora, dagli Spagnuoli La Candelaria, daui Francesi La Chandeleur, dai Tedeschi Lichtmess, dagli inglesi Candlemass.



LA MEZZA QUARESIMA

A mezza quaresima as ranga la egia, si sega la vecchia, cioè si segava, poichè ora della antica usanza non ci resta che il dettato. La vecchia era un fantoccio che, come dice la frase, si sarà realmente segata. Nelle Marche era pure l'uso di segar la vecchia che si riempiva di ghiottonerie.



S.MARCO (25 APRILE)

San Marc l'è ù gran sant, diciamo quasi sempre quando vogliamo esprimere che conviene soggiacere e sopportare qualche cosa benchè contro voglia, ed è evidente l'accenno al Governo di S.Marco, cioè della repubblica veneta, di cui conserviamo tuttodi vivissima memoria. Nel dì della festa di questo santo molte brigate muovono dalla città dai paesi circonvicini per recarsi sul monte della Maresana dove sorge una chiesuola a lui dedicata; vi si passa allegramente la mattina facendo colazione seduti sull'erba; è una delle più liete scampagnate primaverili. A Vertova si continua a tenere nello stesso giorno una larva di fiera, a Miragolo nella V.Brembana inferiore si festeggia il santo in una chiesa quivi eretta in suo onore; ad onorarne il nome fu pure chiamato Ca di S.Marco uno dei più noti valichi tra la Valle Brembana e la Valle Tellina, frequentatissimo prima che si costruisse la strada da Lecco a Colico. Come questo ricorda pure Venezia l'altro passo detto di Salmurano, ed ambedue servivano di passaggio per recarsi nella Rezia e nella Germania. La maggior parte degli oratori a lui dedicati furono costruiti nei primi anni della volontaria dedizione alla Repubblica, com'è attestato da autentici documenti. A rendere tanto popolare il nome di questo santo deve avere certamente contribuito la dominazione veneta, che durò fra noi per più di tre secoli e mezzo; ma non vi rimase, io credo, estranea l'arte del governo. Nel giorno del patrono della Repubblica si benedivano le biade in campagna.



PASQUA DI RESURREZIONE (Usanze e credenze raccolte nella provincia di Bergamo)

Natale e Pasqua di Resurrezione occupano il primo posto tra le nostre feste, e nè tempi andati con esse primeggiava quella di S.Giov.Battista. E' notevole che Natale cade nel solstizio d'inverno e S.Giov.Battista nel solstizio d'estate; è pure notevole che si all'uno che all'altro si accompagnano usi di gioia e che in occasione di tali feste si fanno esperimenti per aver lieti pronostici, si cercano rimedi contro mali presenti e futuri. Pare che questa coincidenza dia ragione a quei dotti, che vi scorgono indizi del culto verso l'astro solare e già or son due secoli il nostro P.Donato Calvi, frate che visse in tempi di mille pregiudizi e fu superstizioso egli stesso, parlando dell'uso di raccogliere la rugiada della notte di S.Giovanni come rimedio contro la scabbia, lo dice più fondato nella natura che nella superstizione, poichè, trovandosi in questo giorno il sole nell'auge della sua perfezione, riparte alle erbe migliorivirtù, quindi anche la ruguiada riesce più benefica e salutifera.

Nella settimana, in cui si fa la commemorazione del grande sacrificio, si fanno anche maggiori astinenze e si moltiplicano le dovozioni. Nel mercoledi santo si porta il viatico agli infermi; il giovedì successivo è chiamato giorno di Santa Trottola, perchè in esso si fanno, cioè si visitano, le sette chiese, dove sono eretti sepolcri intorno ai quali ardono lumi, che risplendono maggiormente perchè tutto il resto della chiesa è lasciato nell'oscurita. Si legano le campane, ed al loro squillo è sotituito il fastidioso rintrono di tabelle e di raganelle; in alcuni luoghi si suona dai campanili la battola (Pola) per annunciare il mezzogiorno, l'angeluse per invitare alla chiesa, dove tutte le immagini sono coperte di bruno, ed in segno di maggior lutto e desolazione gli altari sono sparecchiati e i vasi sacri rovesciati..

Nelle sere della settimana santa si recita l'ufficio al chiarore di pochi lumi, che mano mano si vanno spegnendo; quando l'ufficio è terminato, si spegne anche l'ultima candela e nella oscurita scoppia un orribile fracasso di tabelle, di raganelle, di mazzate e di grida. Poichè il fuoco e la luce furono presi come simbolo di allegrezza, è naturale che la tenebra sia riguardata come simbolo di tristezza; perciò il fracasso, che si fa in chiesa nelle sere della settimana santa, è italianamente chiamato le tenebre; da noi è detto creeles o crielis, ed è da notare che gli Aretini chiamano crialeso l'arnese di legno che si suona dai fanciulli quando si fanno le tenebre. Fin sotto la data del 1540 ci occorre di leggere: Per le insolenze, commesse da fanciulli per le chiese in occasione del mattutino ed officio della settimana santa, rompendo panche, oratori ed altari con bastoni, martelli e mazze, Vincenzo Duodo podestà di Bergamo impedi con pubblico proclama, sotto rigorose pene a padri e maggiori, che niuno lasciasse andar alle chiese i propri fanciulli se non con piccole bacchette, senza permettere loro da fare rumori ed insolenze. Dopo più di tre secoli ripetosi ancora gli stessi inconvenienti in parecchi luoghi della nostra Provincia. Al venerdi santo si fanno preghiere e processioni per invocare il ritorno della Luce. Fino ai nostri di sono state famose le processioni della Val Gandino, ma per l'addietro non furono meno comiche e spettacolose quelle che facevansi pur entro le mura cittadine. Nella basilica di S.Maria Maggiore erigevasi ampia e superba macchina di legno, che rappresentava gliorioso palazzo, tutto adorno di statue, pitture e colonnati: al di sopra era una maestosa loggia, dalla quale sorgeva il Calvario fino a toccare la sommità della chiesa. L'immensa mole era cosparsa d'innumerevoli lumi, fra cui brillava un gran lampadario di 365 fiamme, le quali nella sera del venerdi santo rinnovavano gli splendori del sole.

Dopo il 1652 questo uso andò scomparendo con altri di cui ci è rimasta poco o nessuna traccia.

Una donna della Valle San Martino ci narrava che da sua nonna ottuagenaria era condotta in chiesa il venerdì santo e le faceva dire per sessantatrè volte un'orazione, che ora è generalmete dimenticata.

Dal complesso delle nostre usanze e credenze appare che il venerdi santo è riguardato siccome foriero d'un lieto avvenire. Anche i più devoti sogliono dire che il vino bevuto in tal giorno si converte in tanto sangue;generalmente si fanno frittelle, e nella Valle Gandino si usa il Crustu o Crucca, che è una specie di focaccia cotta nell'olio e fatta con farinba, zucchero, uva candiotta ed altre droghe. Le donne si riservano di far bollire il filo al venerdi santo, perchè hanno la persuasione che faccia maggiore comparita; nello stesso giorno si fa benedir la carta pei bachi da seta collacredenza che quella benedizione abbia ad assicurarne un buon ricolto.

Le donne della Valle S.Martino serbano le uova fatte nel venerdì santo per darle da mangiare ai loro uomini come preservativo contro le cadute dagli alberi, ed il P.Calvi narra che ai suoi tempi molte femminelle solevano corservare le uova nate nel venerdi santo, siccome quelle che, gettate tra le fiamme di un incendio, aveano virtù di spegnerlo. Nello stesso giorno si fanno speciali seminagioni e si beve, come preservativo dalle morsicature delle vipere,che dovrebbe essere una polvere recata dall'isola di Malta, perchè credesi che quel santo vi abbia operata la guarigione d'una morsicatura.

Il sabato viene e verso il mezzogiorno, epoca simbolica della Resurrezione, i lamenti si convertono in lieti cantici, le campane suonano a distesa, tutto assume aspetto di festa. Si accende il fuoco nuovo e con esso si abbruciano incensi; si benedice e si accende il cero pasquale, la cui luce è il simbolo di quella che sta per rischiarare novellamente il mondo; si consacrano gli olii e si fa l'acqua benedetta, colla quale si lavano gli occhi per conservare la vista; e finalmente il prete celebrante intuona dall'Alleluia, resurrexit si grida, e dovunque si ripete: è risorto più raggiante di prima, la gioia è ritornata.
Si distribuiscono doni: le nostre montanine della V.Brembana superiore sogliono donare ai loro amanti delle uova avvolte in fazzoletto bianco ricamato; questi di ricambio regalano alle amorose un ramo d'olivo indorato con oggetti donneschi appesi ai ramoscelli, invece dell'olivo donano una torcetta, sicuramente quale segno del loro vivo amore: siffatti doni chiamansi Pasquarole. Nella Valle Imagna, al mattino del sabato, i ragazzi vanno attorno con un canestrinoin mano ed entrano in tutte le case per carcarvi il Pasquarolo, cioè l'uovo di Pasqua; negli altri luoghi della Provincia prevale l'uso di far benedire le uova, ed ai bambini si ragalano le colombine. Come si vede, all'uovo è serbata una parte importantissima nel tempo pasquale, ed infatti esso è un simbolo molto eloquente. Secondo un antico uso gli Czar si recavano alle prigioni della capitale dicendo ai carcerati: Cristo è risuscitato anche per voi; davano loro una pelliccia nuova e della carne. Questo uso, degno di quella dottrina che ci proclamò tutti fratelli, era pure e Bergamo, dove nel giorno di Pasqua si distribuiva a ciascun carcerato mezza libra di carne.
Il Consorzio di S.Alessandro della Croce soleva per antica consuetudine distribuire, senza distinzione di ricchi o di poverim oltre a quaranta pesi d'agnello; anche il consorzio di S.Caterina ne distribuiva circa 34 pesi. Nei giorni di Pasqua e di Natale, i nostri antenati solevano donare pepe e bicchieri ai rettori e consiglieri della Città; nell'anno 1539 fu stabilito che tali doni fossero fatti anche ai medici collegiali per la carità da loro esercitata verso gli infermi.
A Pasqua, come abbiamo già notato, si mangia il capretto che fu sostituito dall'agnello quando questo, decadendo la pastorizia, si fece troppo caro. Abbiamo infatti veduto che, secondo una nostra vecchia consuetudine, nel tempo pasquale distribuivasi l'agnello, e testimonio di essa ci rimane ancora il proverbio che dice: Muoiono più agnelli a Pasqua che pecore in tutto l'anno. Pasqua sarà celebrata la prima domenica dopo il plenilunio che viene il giorno dell'equinozio di primavera

S.PELLEGRINO LAZIOSI DE SERVITI (27 APRILE)

Nacque a Forlì nel 1265 dalla famiglia Laziosi, che era delle principali della città. Pellegrino ebbe una giovinezza piuttosto scapestrata. Essendo stato spedito dal Papa il Generale de serviti Filippo Benizzi a predicare ai Forlivesi l'ubbidienza, fu cacciato fuori dalle mura da cento giovani, tra i quali era Pellegrino. Pentito poi, ebbe alcune visioni celesti che lo decisero ad abbandonare la famiglia e gli agi della vita per recarsi a Siena nel convento dei Servi di Maria dove ne vestì l'abito. A trent,anni fu dai Superiori rimandato alla sua Città. Quivi gli si apri tale piaga in una gamba, che ne rese necessario l'amputazione. La notte precedente al taglio, mentre i suoi confratelli dormivano, si trascinò davanti ad un muro del convento, sul quale era dipinto un Crocifisso. Nel fervore dell'orazione si addormentò ed in sogno vide Cristo staccarsi dalla croce, venire a toccargli la gamba e risanargliela. Questo prodigio è rappresentato su fogli e medaglie, che si distribuiscono o si vendono nel dì della festa. Visse ottant'anni e mori nell'anno 1345 in concetto di santo. Fu beatificato l'anno 1609 e da Benedetto XIII santificato nel 1726. rid1Ing







Non è dunque molto antico il culto verso S.Pellegrino Laziosi. Qui da noi si festeggia nella chiesa di S.Grata Inter Vites nel Borgo Canale. Fino dalla vigilia e assai più nel giorno della festa salgono in quella chiesa dai borghi e dal vicino contado processioni di balie e di mamme che si recano ai piedi del Santo coi loro bambini per farli benedire.Il prete spruzza ai quattro lati l'acqua benedetta ed un sagrestano è in continuo moto ad accettare pannolini, vestitini, calzette e simili, che restituisce dopo di averli passati sopra un angolo del trono. Si fa pure benedire dei panetti, che si conservano per mettere nel pancotto o nel pantrito quando i bambini sono ammalati.



Torna al Menu di usi e tradizioni




Torna alla home page Menu di Matematica. Menu della grafica frattale. Menu dei proverbi bergamaschi.


Ultimo aggiornamento
Luglio 2013.
Autore S.Savoldelli.